Prezzo massimo di cessione, differenza del prezzo o affrancazione

A Roma ormai sono in pochi a non conoscere il problema del prezzo massimo di cessione delgli  alloggi costruiti su area concessa in diritto di superficie.

Lo studio si è già occupato della problematica commentando la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni n. 18135 del 16.09.2015 a seguito della quale questa situazione è esplosa. Oggi, a distanza di poco più di tre anni, crediamo sia opportuno fare il punto della situazione, così da consentire a chi ne avesse interesse di orientarsi nel marasma generale e di rispondere alla domanda: devo richiedere/riconoscere tutta la differenza di prezzo o solo il costo di affrancazione?

Dopo la sentenza a sezioni unite di cui abbiamo parlato, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affrontare nuovamente il problema del prezzo massimo di cessione con le sentenze della seconda sezione del 14.03.2016 n. 4948, del 19.04.2016 n. 7703, del 03.01.2017, n. 21 ed in tutte queste occasioni ha ribadito il principio secondo il quale “il vincolo del prezzo, anziché essere soppresso a seguito della caduta del vincolo di alienare, segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con naturale efficacia indefinita”.

Questo principio è stato confermato a più riprese anche dal Tribunale di Roma, nonché dalla Corte di Appello di Roma con la recente sentenza n. 2423 del 12.04.2018.

Solo in un’occasione il Tribunale Capitolino si è parzialmente discostato dall’insegnamento della Corte di Cassazione. Con l’ordinanza emessa in data 17 aprile 2018 il Tribunale di Roma, decidendo sulla richiesta di un venditore tesa ad ottenere la restituzione tra quanto pagato per l’acquisto dell’immobile ed il prezzo massimo di cessione, ha stabilito che il venditore dovesse corrispondere esclusivamente la somma necessaria ad affrancare l’immobile, la somma necessaria, cioè, ad eliminare il vincolo del prezzo massimo di cessione.

L’affrancazione è stata istituita con il D.L. 13.05.2011 n. 70, convertito nella L. 12.07.2011, n. 106, che ha introdotto il comma 49 bis all’art. 31 della Legge 448/1998. A seguito della novella legislativa “i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze, nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all’art. 35 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma scritta stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo….”.

Recentemente il Comune di Roma, con la delibera n. 116/2018, ha modificato i criteri di calcolo del costo di affrancazione, operando una riduzione dei costi prima necessari.

Ad oggi, nonostante le plurime richieste, non sono segnalate sentenze che accertino la responsabilità dei notai, delle agenzie immobiliari ovvero del comune di Roma.

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