Cosa è, come tutelarsi e quali sono le sanzioni previste.
Con la parola anglosassone stalking (letteralmente, “fare la posta“) si è soliti qualificare comportamenti reiterati di tipo persecutorio, realizzati dal soggetto persecutore (stalker) nei confronti della sua vittima. Si tratta di un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati, di gravità tale da determinare nella persona che le subisce un disagio pischico, ovvero un timore per la propria incolumità fisica e ad indurla a modificare radicalmente le proprie abitudini di vita.
Lo stalking, la persecuzione può assumere le forme più svariate, motivo per cui non è semplice ricostruire un modello tipo. Si va, a titolo meramente esemplificativo, dai pedinamenti alle telefonate ripetute, dai messaggi reiterati ai danneggiamenti della proprietà privata, dalle incursioni sul lavoro o nei luoghi di svago alla raccolta e diffusione di informazioni personali della vittima. Ciò che contraddistingue ed unisce i singoli atteggiamenti è l’ossessione del persecutore per la sua vittima: un desiderio irrefrenabile di entrarvi in contatto per manifestare le sue emozioni, controllarne e dirigerne l’esistenza. Lo stalker reagisce soventemente ai tentativi di allontanamento della vittima con ingiurie e minacce, rivolte a lei e alle persone che più le sono vicine. Circostanza, questa, che aggrava il disagio della vittima e le impedisce di rivolgersi all’Autorità per paura di ritorsioni.
Il fenomeno dello stalking ha assunto proporzioni allarmanti nel nostro paese. Uno studio condotto dal’osservatorio Nazionale sullo Stalking ha rilevato che circa il 20% della popolazione italiana è stata fatta oggetto di atti persecutori. Di questa percentuale, l’80% è costituita da donne. Il fenomeno si manifesta principalmente all’interno delle relazioni di coppia, ma risultano in aumento anche i casi nelle relazioni condominiali e all’interno della famiglia. Dati impressionanti, considerato anche che il delitto di “atti persecutori” è procedibile a querela di parte e, quindi, molti episodi rimangono sommersi, a causa del timore delle vittime di aggravare la loro già compromessa situazione di vita a seguito della presentazione di una denuncia alle Autorità.
Sino al 2009 le vittime di questo fenomeno non erano adeguatamente tutelate, in quanto le condotte caratteristiche dello stalking non erano previste da una normativa specifica ma venivano alternativamente sanzionate dall’art. 660 c.p. (molestia o disturbo alle persone), 594 c.p. (ingiuria), 610 c.p. (violenza privata), 612 c.p. (minacce), 590 c.p. (lesioni). Anche in ipotesi di concorso delle varie fattispecie non era comunque consentito ricorre a misure preventive e protettive della persona offesa realmente efficaci.
Per questo motivo con l’art. 6 D.L. 11/2009, convertito con la Legge 23 aprile 2009, n. 38, è stato introdotto nell’ordinamento il reato di “atti persecutori”. Oggi l’art. 612 bis c.p., per come modificato dall’art. 1 bis, del D.L. 1 luglio 2013, n. 78, convertito nella L. 15 ottobre 2013, n. 119, sanziona colui il quale “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva alla persona offesa”. La pena prevista per il reato va dai sei mesi ai cinque, aumentata: a) fino a 1/3 se il fatto è commesso dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici; b) fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, ovvero con l’uso di armi o da persona travisata.
La minaccia è la rappresentazione di un male ingiusto il cui verificarsi dipende solo ed esclusivamente dalla volontà dell’agente. Il comportamento deve essere tale da generare nella vittima un timore tale da turbare e/o diminuire la sua libertà psichica. Il soggetto passivo, in sostanza, deve credere realmente che quanto minacciato possa essere poi concretamente realizzato, ed in ragione di tale timore effettuare le sue scelte.
Nella nozione di molestia, invece, facendo riferimento a quanto ricavabile dai lavori preparatori, si deve far rientrare “ogni comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti, fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato”.
Per assumere rilievo la condotta dello stalker deve essere reiterate, cioè ripetute. La giurisprudenza ha avuto modo di affermare, però, che anche due sole condotte sono sufficienti a concretare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del fatto.
Affinché il reato possa dirsi configurato è necessario che le minacce e le molestie reiterate ingenerino nella vittima una o più delle conseguenze indicate nella norma: a) un perdurante stato di ansia o di paura, un alterazione del suo stato psichico (da provarsi a mezzo di idonea documentazione medica ovvero di consulenza psicologica); b) il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (dimostrabile con allegazione di circostanze di fatto e prove testimoniali); c) il mutamento delle abitudini di vita (ancora una volta da dimostrare a mezzo testimoni).
Il delitto è procedibile a querela: perché possa essere aperto un procedimento penale a carico del persecutore, quindi, è necessario che la persona offesa esponga personalmente o a mezzo di procuratore speciale i fatti all’Autorità, manifestando la volontà che si proceda nei confronti dello stalker affinché questi venga punito ai sensi di legge. Si procede di ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore, ovvero di un soggetto con disabilità o se il fatto è connesso con altro reato per il quale si deve procedere di ufficio.
Si procede di ufficio anche nei confronti del soggetto che, nonostante l’ammonimento del questore, abbia reiterato le condotte persecutorie.
L’ammonimento è stato introdotto dal ’art. 8 del D.L. 11/2009. La vittima, fino a quando non ha proposto querela, può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. Il questore, dopo aver svolto le indagini ritenute più opportune, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge. La violazione dell’ammonimento determina, oltre alla procedibilità di ufficio, anche l’aumento della pena per il delitto previsto dall’art. 612 bis c.p. fino ad un terzo in caso di condanna.
Grazie all’introduzione del reato di atti persecutori è ora possibile applicare allo stralker, laddove sussistano indizi gravi e rilevanti in ordine alla sua colpevolezza, tutte le misure cautelari ritenute più opportune, dal divieto di avvicinamento, alla custodia cautelare in carcere, passando per l’allontanamento dalla casa familiare, laddove i fatti si svolgano in ambito domestico.
La condotta integrante il reato di atti persecutori da diritto alla vittima di richiedere anche il risarcimento dei danni subiti, sia in sede penale che, alternativamente, in quella civile.
Da ultimo, considerati i gravi disagi che il fenomeno in commento determina nelle sue vittime, giova ricordare che sul territorio nazionale sono presenti numerosi centri antiviolenza ai quali è possibile rivolgersi anche con l’ausilio delle forze dell’ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche.
Avv. Cristiano Manni